7
Cover image of the current chapter

La bottiglia Leo

Una parte importante del nostro progetto vitivinicolo, oltre naturalmente alla qualità del vino che abbiamo creato, è rappresentata dal disegno della bottiglia destinata a contenerlo, che abbiamo battezzato la bottiglia Leo.

Come buon consumatore di vino mi ha sempre sorpreso la quantità di tempo e di energie necessaria per lo smaltimento delle bottiglie vuote. La bottiglia vuota, oggetto in sé non privo della sua dignità e anzi spesso provvisto di notevole qualità estetica ma destinato inesorabilmente a uno smaltimento a volte faticoso, rappresenta un problema deontologico per chi come me lavora nel mondo degli oggetti.

Costituisce un gap insieme logistico, funzionale, economico e anche di senso nella vita famigliare: una specie di stupidità da consumi di massa che sembra destinata a ripetersi senza tregua milioni, anzi miliardi di volte ogni anno.


La bottiglia Leo, in linea con i criteri biodinamici steineriani che guidano la nostra impresa, è quindi stata concepita per non essere buttata via una volta finito il nettare che contiene e protegge. Anzi, giunta a quel punto disvela la sua vera natura di oggetto: si presta infatti bene per essere riusata come un Decanter,  un Candeliere o un Vaso da fiori …

Per servire in tavola la bottiglia abbiamo disegnato un apposito Sottobottiglia in metallo. La conca disegnata alla base della bottiglia ci ha consentito inoltre di creare una sorta di Glacette realizzata in plastica con all’interno un liquido refrigerante: questa va tenuta nel refrigeratore e consente al momento opportuno di metterci sopra la bottiglia e di mantenerla fresca per un certo tempo (o rinfrescare moderatamente: ricordiamo che i nostri vini bianchi non devono essere bevuti a una temperatura troppo bassa, e per contro il nostro vino rosso va degustato a una temperatura non troppo alta come potrebbe essere quella dell’ambiente in estate). Ambedue saranno in produzione prossimamente.


La bottiglia Leo è l’unico oggetto disegnato personalmente da me tra le migliaia di progetti dei quali mi sono occupato nella mia vita professionale. Forse non è esatto dire “disegnato” dal momento che si è trattato piuttosto dell’esito di una avvincente ricerca storica intorno all’archetipo del contenitore da vino, della quale dò qui sinteticamente conto.

Partita da uno schizzo riportato da A. Vezzosi nel volume Il vino di Leonardo, Morgana Edizioni, Firenze 1991, si è snodata in un affascinante percorso storico sui contenitori vinari che ci porta agli albori della cultura materiale. Due altri disegni leonardeschi, tra cui un minuscolo schizzo di un rebus, si trovano in un codice oggi nella Royal Library del Windsor Castle.

Anticipo subito le conclusioni della mia ricerca: lo schizzo leonardesco, pubblicato successivamente anche da Luca Maroni (Milano è il vigneto di Leonardo, in The Taster of Wine and Food, n° 59, 2004), si riferisce a una forma che non sembra una creazione originale di Leonardo il quale si è verosimilmente riferito a una tipologia formale che ritroviamo nel medioevo in raffigurazioni di bottiglie e caraffe di forme consimili.


Continuando nella ricerca abbiamo infatti trovato documentazione di altri contenitori simili, tra cui uno molto vicino a quello raffigurato negli schizzi leonardeschi: un affresco del Maestro della Passione di Postua in una chiesa di Paruzzaro, piccolo paese appena a sud del lago d’Orta.

(1) Maestro della Passione di Postua, Storie della Passione di Cristo, chiesa di San Marcello di Paruzzaro (NO);
(2) preparazione di estratto di petali di rosa secondo Plinio in una miniatura del Rinascimento. Thetarum sanitatis, XVIII° secolo. Biblioteca Casanatense, Roma.

Renana, XVI° secolo

Ma la teoria delle varianti della forma conica e piriforme prosegue nel seicento e settecento, in numerosi contenitori vinari di questo tipo.


Bottiglie olandesi “a zoccolo di cavallo”

Fino a questo Capriccio di Goya, nel quale il vecchio seduto a sinistra stringe cupidamente nella mano un recipiente che mi pare molto vicino al nostro riferimento…


A questo punto della ricerca abbiamo pensato che fosse necessario risalire ancora indietro nel tempo. La forma infatti si ripresenta in vetri molto più antichi, di epoca romana e preromana.

Mi sono quindi convinto che gli schizzi leonardeschi si riferiscono a un archetipo di contenitore vitreo per il vino, o più in generale per i liquidi, presente nella nostra civiltà da almeno 2000 anni.

La sua conformazione piriforme è chiaramente archetipa: trova i suoi riferimenti in caraffe, bottiglie e balsamari di epoca romana e deriva verosimilmente dalla forma della goccia di vetro nel momento della prima, elementare operazione di soffiatura. A partire dal 2015 per il vino rosso e per il vino bianco, e dal 2013 per il vino bianco da uve stramature, la forma del collo della bottiglia è stata leggermente cambiata, così come l'etichetta e la capsula.

Lavorazione del vetro, da manoscritto boemo del XV° secolo

Raffronto tra la bottiglia Leo e un lacrimatoio del I° secolo D.C.

Bottiglie e contenitori piriformi di varie epoche